Casavo è una startup PropTech che opera nel settore immobiliare con un modello di business innovativo e unico: una piattaforma tecnologica (Instant Buyer) che presenta offerte dirette per l’acquisto di immobili, e dopo la ristrutturazione, trova gli acquirenti finali. Fondata a Milano nel 2017 da Giorgio Tinacci, Casavo ha la missione di cambiare il modo in cui le persone vendono, comprano e vivono casa in Europa. L’azienda ha effettuato più di 1300 transazioni immobiliari ad oggi per un valore di oltre €340 milioni. Con un team di oltre 200 persone, Casavo opera attualmente a Milano, Roma, Torino, Firenze, Bologna, Verona e Madrid. Il servizio di Instant Buying rappresenta il core business, oltre a questo Casavo sta espandendo la sua offerta di prodotto tecnologico per soddisfare tutte le esigenze di venditori, acquirenti ed agenti immobiliari.
Giorgio Tinacci
CEO & Founder
Giorgio Tinacci si è laureato in International Management presso l’Università Bocconi e la Hong Kong University of Science and Technology nel 2015. È poi entrato in BCG, dove ha lavorato per 2 anni occupandosi di progetti di trasformazione digitale nel settore bancario, assicurativo e dei beni industriali. Giorgio ha lasciato BCG a settembre 2017 e ha fondato Casavo, Instant Buyer leader in Europa.
Casavo ha appena raccolto 200 milioni in uno dei più grandi round di investimento per una startup italiana ed è stata inserita al primo posto nella top ten di Startupitalia 2020 su Linkedin. Qual è il segreto del vostro successo e cosa vi rende unici?
Non parlerei di successo ma sicuramente siamo stati protagonisti di un percorso di crescita importante. Il primo elemento distintivo della nostra storia è l’innovazione che stiamo apportando nel settore. Si può fare innovazione creando un prodotto, innovando dei processi di industria, ma anche creando un mercato totalmente nuovo. Quest’ultimo è il nostro caso perché all’interno del mercato real estate italiano abbiamo creato una nuova categoria, l’“instant buyer”,nata negli Stati Uniti: è un mercato di cui noi stessi stiamo definendo i confini. Si tratta di un’innovazione, quindi, che riguarda una categoria di mercato intera e completamente nuova.
Il secondo elemento è che il nostro modello di business ha particolarmente senso nei mercati europei per una serie di ragioni specifiche per il mercato immobiliare.
Il terzo aspetto sono le persone. Al di là del fatto che siamo una realtà altamente tecnologica, la validità dei talenti in azienda è fondamentale per lo sviluppo di un percorso imprenditoriale.
Mi ricollego a questo punto perché gran parte del valore della vostra azienda è dato dalla tecnologia ma come mi stavi dicendo il punto di vista umano, il know-how delle persone è comunque centrale giusto?
Assolutamente! Innanzitutto, la disponibilità di talenti in Italia è molto alta rispetto all’ecosistema di startup che al contrario non è così sviluppato come in altri paesi e questo per un’azienda tecnologica italiana costituisce un grande vantaggio. Io sono sicuro che se fossi partito nel 2017 a Londra, Berlino, o Barcellona, non avrei avuto accesso al pool di talenti a cui ho potuto attingere già dai primi giorni della fondazione dell’azienda.
Questo mi ha portato a fare diverse riflessioni nel tempo. Ho cercato di investire nel capitale umano fin dall’inizio, con una forte attenzione al clima e alla cultura aziendale. E’ impressionante scoprire cosa può fare una persona altamente motivata anche se deve ancora sviluppare determinate competenze, rispetto a una persona che magari ne ha già molte grazie a precedenti esperienze. Prima di qualunque altra cosa è indispensabile sposare la visione di lungo termine del progetto.
Aggiungo un’ulteriore domanda riguardo anche ai riconoscimenti di “Great place to work” e “Best workplace for millenials”. Quindi oltre all’accesso al capitale umano è fondamentale anche creare le migliori condizioni affinché il talento possa manifestarsi?
Sì, ne sono convinto: a partire dal recruiting, al posizionamento sul mercato del lavoro, fino ad occuparsi dello cura dello sviluppo delle persone che si hanno in azienda, che è sicuramente la parte più complessa e impegnativa. È fondamentale, garantire che tutte le mattine le persone vengano con il sorriso in azienda o aprano il computer contenti di fare questo lavoro, sentendosi sinceramente gratificati dal tipo di valore che aggiungono all’interno della visione aziendale.
Passiamo invece al contesto torinese. Torino è uno dei primi mercati in cui avete iniziato a operare subito dopo Milano. Qual è, quindi, il rapporto con la città sia come realtà aziendale sia per te in prima persona?
Il nostro modello di business è metropolitano. Abbiamo aperto Torino come terza città in Italia, subito dopo Milano e Roma, già ad aprile del 2019. È un mercato molto interessante, innanzitutto perché è grande: per darvi un riferimento, a Torino siamo oltre le 10.000 transazioni residenziali all’anno soltanto nel comune, escludendo perciò tutta l’area metropolitana circostante. Torino è caratterizzata da qualità e storicità del patrimonio residenziale, che attraverso i nostri processi siamo in grado di valorizzare grazie ad azioni di riqualificazione degli appartamenti e del contesto in cui questi si trovano.
Si tratta di un mercato molto rilevante per una realtà come la nostra e in cui abbiamo fatto molta fatica inizialmente perchè ha delle dinamiche molto diverse e molto specifiche rispetto ad altri mercati. Banalmente il prezzo al metro quadro di un immobile a Torino è meno della metà di quello di Milano, per una serie di motivi storici di cui ha sofferto Torino legati alla crisi immobiliare del 2008, insieme a un’ampia offerta di nuove costruzioni e al processo di deindustrializzazione. Rispetto ad altri mercati, avendo una natura prettamente abitativa, è stato anche molto più resiliente durante il periodo del Covid, un aspetto molto positivo anche per quanto riguarda il nostro lavoro. C’è ancora tanto spazio per valorizzare il patrimonio residenziale di Torino.
Devo dire che Torino ha assunto ancora più rilevanza per noi recentemente perché è il nostro secondo ufficio a tutti gli effetti. Alla fine dell’anno scorso, infatti, abbiamo acquistato un’altra startup di Torino, Realistico, una soluzione software di virtual tour e realtà aumentata in ambito immobiliare. La sede principale della società era Torino; ora abbiamo unito gli uffici e stiamo inserendo molte funzioni direttamente lì. Ad esempio, stiamo facendo un lavoro di ricerca e sviluppo sulla parte di design dei nostri immobili proprio partendo da Torino. Si tratta di un ufficio molto importante per noi, dove continueremo ad investire perché vanta un ottimo pool di talenti e risorse, soprattutto per la parte tecnica e ingegneristica, che credo possa essere valorizzato molto di più.
Dando invece uno sguardo al panorama internazionale, per quanto riguarda l’accesso ai capitali da parte delle startup, l’Italia è ancora molto indietro rispetto ad altre nazioni europee, qual è la tua percezione a riguardo e come pensi che questo scenario si stia evolvendo in questi anni?
Al momento, sono riconoscibili delle dinamiche di crescita diverse tra loro. Noi siamo felici di essere stati un caso di eccezione ma non siamo gli unici: ci sono stati tanti aumenti di capitale molto importanti di recente, ad esempio Supermercato24, Cortilia, Satispay e sono stati tutti tendenzialmente negli ultimi sei mesi. Il fatto che questi round siano guidati principalmente da fondi internazionali, evidenzia la crescente disponibilità ad investire venture capital dall’estero anche in Italia. La mia percezione è che creare terreno fertile perché ci siano investimenti, propensione all’imprenditorialità, propensione all’innovazione sarà un lavoro a lungo termine. Deve essere un lavoro continuativo con tante controparti che deve partire dal considerare l’innovazione e l’impresa digitale dei giovani come caposaldo importantissimo per il piano industriale del paese.
L’italia è partita in ritardo rispetto ad altri paesi come ad esempio la Francia che ha fatto un lavoro eccezionale. Infatti, Parigi si sta affermando come principale hub europeo e ha recentemente superato Berlino come investimenti in venture capital. A livello di azioni di governo in questo momento c’è molta attenzione in questo senso, a conferma del fatto che imprenditori e investitori istituzionali siano riusciti a creare un ecosistema e apportare i primi cambiamenti, anche se dobbiamo recuperare un ritardo strutturale che ci portiamo dietro dagli ultimi 5/10 anni.
Cosa consiglieresti a una startup che ha vissuto la prima fase di validazione e presenza sul mercato e che ora sta puntando ad avere una crescita molto importante e sostenibile nel tempo?
Consiglierei innanzitutto di far fede sempre a una visione di lungo periodo e di essere coerente con le scelte imprenditoriali fatte nel tempo. Soprattutto quando la startup cresce, emerge il desiderio di esplorare altre opportunità che possono essere tentatrici. In quella fase penso sia fondamentale il focus e la coerenza rispetto alla visione di lungo termine.
Un altro aspetto che ritengo importante, è avere ben chiaro a quale gioco si vuole giocare. Non necessariamente tutte le aziende hanno bisogno di crescere del 200/300% l’anno, con forti perdite e necessità di investimenti importanti. In funzione delle proprie necessità, è importante definire se serve raccogliere capitali oppure no, eventualmente da chi, come rendere il business sostenibile.
L’altro consiglio che posso offrire è di non sottovalutare l’importanza delle persone. In una fase di crescita è necessario dover cambiare il proprio ruolo, il team diventa più grande, l’organizzazione cresce, la complessità aumenta e con essa la necessità di fare empowerment e di delegare autonomia decisionale all’interno dell’organizzazione. Questo è fattibile soltanto se si può contare su delle persone che condividono i tuoi valori da imprenditore e quelli dell’azienda e se c’è una sincera partecipazione al progetto imprenditoriale a lungo termine.